Valle del Nestore

itinerario storico artistico

Visita guidata
Luogo di interesse Fotografia

Da Mercatello dirigendosi verso Spina, superato il mulino e attraversata la circonvallazione, l’antica Orvietana inizia a salire verso quello che probabilmente è il borgo più importante del comune di Marsciano, e cioè Spina. Pur non essendo il più esteso o il più popoloso, Spina è uno dei paesi più importanti fra tutti i centri che popolano le aggraziate colline da Marsciano al Trasimeno; ciò non solo per motivi di ordine storico-architettonico, come palesa la bellezza e la complessità dell’antico castello, ma anche per la varietà di servizi a carattere sociale, civile e ricreativo che esso offre, come dimostrano la presenza delle scuole elementari e medie, della delegazione comunale, di associazioni nonché di un importante complesso sportivo. Spina rappresenta pertanto il punto di riferimento per tutte le frazioni del marscianese della zona nord-ovest, un ruolo a cui esso sembra vocato come testimonia la storia del paese, che ci parla di un antico comune che teneva sotto di sé tutti i borghi limitrofi; un antico castello di notevole valore situato lungo quel remoto e importante asse viario che era la via Orvietana. Prima però di addentarci nel castello, incontriamo sulla destra la piccola chiesa di Santa Maria delle Grazie che, edificata nel XV secolo e ristrutturata di recente, ospita al suo interno, sopra l’altare maggiore la “Madonna in trono col Bambino e angeli”, un affresco che, dopo il restauro del 1978 che ha cercato di liberarlo da sovrammissioni e fenomeni di alterazioni cromatiche, mostra in maniera nitida di provenire dalla bottega del pittore perugino Bartolomeo Caporali, probabilmente eseguita da un suo stretto collaboratore intorno al 1470. Il castello di Spina, che nel 1260 venne assegnato al rione perugino di Porta Eburnea e che nel 1416 Braccio Fortebraccio riuscì ad espugnare solo al terzo assalto, offre ancora notevoli spunti di riflessione sull’architettura civile perugina del quattrocento, con i suoi numerosi archi in laterizio e le abitazioni dalla struttura tipica a due piani. Entrati dalla incantevole porta che volge a mezzogiorno, ci dirigiamo verso la Chiesa parrocchiale di San Nicolò e San Faustino, lungo quella via principale che più delle altre è ricca degli elementi sopra menzionati.

Questa antica chiesa, citata in un diploma di Federico I Barbarossa del 1163 tra i beni dei monaci benedettini e restaurata di recente, è dedicata a San Nicolò vescovo di Mira e a San Faustino martire, patrono di Spina, le cui spoglie, conservate ora nella chiesa, furono traslate nel 1646 dalla chiesa di San Pietro. Volendo ancora sottolineare l’importanza che Spina ha avuto in passato, non possiamo non citare gli splendidi palazzi che le nobili famiglie perugine, come i Graziani, i Donini, i Baglioni e i Lippi-Boncambi, in particolare, il cui palazzo sorge al limitare dell’antico castello, hanno lasciato. A tutto ciò si è di recente aggiunta un’altra perla; in una vecchia cantina magnificamente restaurata, situata all’interno del borgo e delimitata esternamente dalle mura perimetrali, è stata aperta l’antenna museale di Spina “Rossana Ciliani”, un ulteriore tassello aggiunto al mosaico del Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte. L’antenna di Spina, dedicata ad una delle promotrici del progetto recentemente scomparsa, rappresenta un momento di documentazione di alcuni antichi mestieri nonché un punto centrale dell’itinerario dell’antica via Orvietana; ad una sezione introduttiva, nella quale si delineano sommariamente i caratteri dell’insediamento, segue, riutilizzando vecchi strumenti di lavoro, una esposizione relativa alla produzione del vino e alla lavorazione tradizionale del ferro; per ultimo viene descritta attraverso le produzioni locali la attività delle antiche fornaci localizzate lungo la via Orvietana. 

Vicino a Spina, in una amena posizione che si affaccia sulla valle del Nestore, in mezzo ai più bei castelli del nostro territorio, una torre merlata si alza verso il cielo, e con la sua possanza ed eleganza insieme dà luogo ad uno dei più suggestivi borghi del comune di Marsciano: il castello di Sant’Apollinare, un raffinato edificio bizantino risalente all’XI secolo che porta il nome dell’Arcivescovo ravennate Apollinare. Dalla torre quattrocentesca entriamo nel piccolo borgo che fu per 400 anni dimora dei Marchesi Graziani di Perugia. Un romantico chiostro con al centro un pozzo medievale in pietra calcarea ci accoglie una volta entrati; da qui proseguiamo per il borgo che, costituito da un’unica via, conserva ancora intatta quella struttura di castello feudale che gli fu data alla fine del duecento, e che rende magica e ricca di fascino l’atmosfera in cui ci si addentra.

Il sapiente restauro di recente effettuato all’interno, ha riportato all’antico fasto le eleganti sale del castello, tra cui il grandioso Salone dei Cavalieri. Poco distante dal castello, e separata da esso da un avvallamento, la rocca benedettina si mostra in tutto il suo splendore. Si tratta di un complesso composto da una chiesa romanica a navata unica, un convento a due piani in pietra e mattoni, una casa e magazzini, molino e essiccatoio per il tabacco; la rocca ci invia sue notizie fin dal 1030 quando fu donata all’Abbazia di Farfanella Sabina, per ritornare di nuovo in enfiteusi al monastero benedettino di San Pietro di Perugia. Attualmente il complesso della rocca benedettina è di proprietà della facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Perugia che l’ha affittata ad una comunità spirituale francese. Sull’altare maggiore della chiesa trova ospitalità una “Madonna col Bambino in gloria tra angeli e cherubini”, uno splendido quadro della metà del ‘500 del pittore perugino Polidoro di Stefano Cimurri; la tela, il cui buono stato di conservazione fa risaltare i bei colori di cui è composta, raffigura la Madonna col bambino in gloria tra gli angeli e i cherubini, con San Pietro e Sant’Apollinare vescovo di Ravenna, quattro figure di santi monaci benedettini e sullo sfondo le mura fortificate di una città. Una Palazzetta del XVIII secolo edificata per volontà dei benedettini e la chiesa parrocchiale di sant’Apollinare costruita nel 1510 e posta proprio di fronte alla porta di ingresso al castello, completano il quadro storico – artistico di questo magnifico borgo, raccolto ed elegante, che rappresenta sicuramente un momento felice per chi avesse intenzione di ammirarne le meraviglie.

Partiamo a malincuore da Sant’Apollinare e riprendiamo la strada provinciale. Dopo un avvallamento la provinciale si confonde con l’antico corso della settevalli; una volta superato il cimitero sulla sinistra decidiamo di continuare in direzione di Castiglione della Valle, lasciandoci alle spalle sulla destra il bivio della settevalli per Perugia, presso cui ritorneremo più tardi. Avanziamo qualche centinaio di metri per arrivare al bivio di Pieve Caina: qui giriamo a sinistra e ci avviamo verso il borgo. Pieve Caina è un paese particolare, appartato, quasi isolato, visibile soltanto da chi transita per Castiglione della Valle, eppure pieno di fascino per il suo nome che rimanda alle prime comunità cristiane e per la sua posizione geografica, adagiato sul Monte Pugliano e affacciato sul Caina, il fiume che nei periodi più piovosi bagna quasi le prime case del paese e che a poche centinaia di metri si getta nel Nestore. Ciò che balza subito agli occhi di questo borgo medioevale del XIII secolo, è l’antica Torre in pietra della seconda metà del ‘300 che svetta più alta di tutte le altre costruzioni del paese e che segnava il vertice del triangolo costituente il castello. Girovagando per il borgo un palazzo nobiliare con degli stemmi sugli architravi cattura l’attenzione del visitatore: si tratta di palazzo Armellini, un edificio del 1520 appartenuto in passato al Cardinale Francesco Armellini, un eminente personaggio della corte pontificia di Leone X che proprio a Pieve Caina aveva terre e palazzi.

Contigua al palazzo vi è una piccola cappella gentilizia in pietra, al cui interno si trovano affreschi raffiguranti la Madonna e alcuni Santi in non buono stato di conservazione. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta si erge al centro del paese, in piazza XI Febbraio. L’edificio, che fu costruito nel XII secolo, ma che venne rifatto ex-novo alla fine dell’ottocento, presenta una facciata piuttosto semplice in mattoni e un pregevole portone ligneo. Ma la sua importanza è legata al quadro che ivi è ospitato, una “Madonna della Misericordia” del 1528 opera del pittore Michelangelo di Maestro Matteo, “pittore in Perugia non iscritto all’arte” come compare in alcuni documenti dell’epoca; la tela, di pregevole fattura e molto ben conservata, raffigura la Vergine col manto aperto che raccoglie ai due lati una moltitudine implorante di fedeli, dietro alla quale sono ben visibili due angeli e un paesaggio con degli alberi. Oltre il Caina e il Nestore si scorge un complesso di case piuttosto imponente: si tratta di un sobborgo, chiamato “Il Vicinato”, risalente al cinquecento, come confermano le iscrizioni in cotto copiosamente presenti. Facoltose famiglie e ordini religiosi, come ad esempio gli agostiniani, furono in passato i proprietari delle abitazioni, e ciò si intuisce in particolare dalla presenza dei grandi edifici che caratterizzano tutto il complesso “Il Vicinato”. Fa parte del sobborgo e risale alla stessa epoca anche una piccola chiesa, la cappella di San Vincenzo, il cui campanile, dalle dimensioni ridotte e a vela, dona all’edificio un aspetto piuttosto caratteristico.

Lasciamo ora alle spalle la quieta serenità di Pieve Caina e ripercorriamo a ritroso la strada che ci ha portati qui fino al bivio della Settevalli, l’antica strada che imbocchiamo per dirigerci verso quelle frazioni poste al confine con il territorio perugino: San Biagio della Valle, Villanova e Badiola. Si tratta di un’area in cui, insieme alla zona della collina comprendente i borghi di San Valentino, Olmeto e Castello delle Forme, l’insediamento umano affonda le radici fin nella preistoria, come testimoniano, ad esempio, la tomba dell’età rinaldoniana (seconda metà del III millennio A. C.) ritrovata nel 1993 durante i lavori di ristrutturazione di un casale situato nella campagna intorno a San Biagio della Valle; o l’anfora attica rinvenuta a Villanova, risalente al VI secolo a.C., raffigurante il mito di Teseo ed il Minotauro, che è conservata al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, simbolo del notevole livello che aveva raggiunto la committenza locale etrusca, così come i famosi tripodi Loeb, ritrovati nella campagna di San Valentino e ora conservati alle Antikensammlungen di Monaco di cui parleremo più avanti. Lungo la settevalli troviamo le vie d’accesso ai tre borghi sopra citati; il primo verso cui ci dirigiamo è Badiola, la frazione più settentrionale del Comune di Marsciano. Il nome del paese fa subito intuire che tipo di insediamento vi fosse in passato, essendo Badiola chiaramente riferito ad una piccola badia le cui origini risalgono al secolo XI, come afferma il diploma imperiale del 1027 dell’Imperatore Corrado II in cui viene citata per la prima volta la Chiesa parrocchiale di San Benedetto, intitolata al santo che è anche patrono del paese; la chiesa, nucleo storico più importante che reca scolpito sul portale cinquecentesco lo stemma del monastero benedettino di San Pietro in Perugia che ne aveva la proprietà, ospita al suo interno un affresco molto recente del pittore Carlo Dell’Amico, realizzato in occasione del XV centenario della fondazione dell’ordine benedettino e raffigurante fatti e allegorie della vita di San Benedetto.

Paese ordinato e tranquillo, Badiola offre altresì suggestivi paesaggi della media collina umbra, che, con i suoi borghi medievali e le sue dolci colline, fa assaporare la pace e la tranquillità di un ambiente rimasto immutato da secoli. Riprendiamo la settevalli e ritorniamo indietro verso il marscianese; il primo bivio che si incontra è quello posto sulla sinistra per Villanova. Paese anch’esso di confine, che si distende lungo la via di congiungimento tra la strada della Collina e la Sette Valli, il toponimo di Villanova è conosciuto già nel 1060, in seguito ad un lascito fatto da un tale Martino di Leone a favore del monastero di San Pietro. Del vecchio castello, nominato per la prima volta come tale nel 1380 negli elenchi relativi alle comunità del contado perugino, sono rimasti solo pochi resti in pietra e un palazzo nobiliare del ‘400 dagli archi in laterizio a sesto acuto, appartenuto nei secoli a varie famiglie aristocratiche perugine come i Montesperelli, i Vincioli e i Giovio. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunziata e San Pastore, che fino ai primi del ‘600 si trovava fuori dalle mura castellane, ospita al suo interno un Crocifisso ligneo di pregevole fattura che fu portato a Villanova nel 1944 e che proveniva dalla cantina di una confraternita di una chiesa perugina. Pochi metri dopo l’incrocio per Villanova, una volta ritornati sulla Sette Valli, incontriamo sulla destra il bivio per San Biagio della Valle. Dalla salita che ci porta dolcemente verso il paese, scorgiamo sempre più nitidamente una torre, la Torre di San Biagio in pietra e a forma circolare, unica testimonianza sopravvissuta fino a noi del vecchio castello, noto già nel 1371 quando, a causa delle lotte di fazione, i Raspanti di Perugia ivi trovarono rifugio; un castello che nel 1416 fu conquistato da Braccio Fortebraccio prima di passare, nel 1428, sotto la giurisdizione di Porta Eburnea. Purtroppo la torre è l’unica struttura rimasta dell’antico castello, il quale poteva vantare anche una chiesa in stile romanico del secolo XI, appartenuta al Monastero di Farfa e poi ai Benedettini, che la ebbero in enfiteusi dal 1060 e successivamente in proprietà diretta dal 1441; la vecchia chiesa fu abbattuta nel 1952 e sul suo sito è stata costruita la nuova chiesa parrocchiale di San Biagio che, come testimonianza dell’edificio che fu, ospita vicino all’altare due pietre appartenute all’antica chiesa recanti iscrizioni e la data del 1215.

Due tele, entrambe del XVIII secolo e di autore ignoto, raffiguranti l’una “Sant’Antonio da Padova con la anime purganti” e l’altra “San Domenico e Santa Caterina”, custodite fino al 1952 nella vecchia.chiesa, adornano ora la nuova, insieme ad una statua lignea della Madonna di medie dimensioni e molto ben conservata; “Gesù Cristo, la Madonna e San Biagio” sono invece i tre personaggi raffigurati nell’affresco situato sull’abside e compiuto da Adelmo Marinelli nel 1967. Poco distante dal borgo e lungo la strada che conduce a Pilonico Materno, l’occhio attento dell’osservatore è catturato dalla lunga striscia verde che, delimitando il paese, giunge fino a Castel del Piano: si tratta della riserva di caccia creata nel 1936 da Antonio Sereni sui terreni di sua proprietà per tutelare, anche in futuro, le piante secolari di notevole importanza ivi presenti, e sul quale vige il Vincolo della Soprintendenza dell’Umbria. Da San Biagio un lento declivio ci riporta sulla provinciale che, abbandonata poco innanzi, quando cioè ci siamo diretti verso Badiola, attraversa ora il piano del Nestore. Su una bassa collina, proprio in mezzo alla valle del Nestore e a ridosso del torrente Caina, sorge il fiabesco complesso del Castello di Monticelli. Costruito nel XII secolo con scopi difensivi, ha subito poi nel corso dei secoli numerose ristrutturazioni, legate anche ai mutamenti storico politici contingenti, che ne hanno cambiato sia la funzione che l’aspetto, divenendo così il castello una residenza gentilizia; qui infatti hanno avuto le loro proprietà gli Aureli, gli Alfani e successivamente Vincenzo Sereni.

L’attuale ristrutturazione, ha donato a tutto il complesso l’antica magnificenza e imponenza; da qui immersi nella pace e nella quiete, si domina la valle del Nestore e la stretta pianura solcata dal Caina da Pilonico Materno fino a Pieve Caina, mentre l’orizzonte si allarga fino a farci ammirare Perugia in tutta la sua estensione. La sensazione di trovarsi in un luogo suggestivo è inoltre accentuata dalle leggende che con il tempo sono nate secondo le quali San Costanzo, il vescovo e patrono della città di Perugia, si sarebbe rifugiato in una grotta del castello per sfuggire alle persecuzioni. Poco più in basso rispetto al castello, una piccolissima chiesa custode di grandi tesori s’impone alla nostra attenzione: è la Chiesa di San Paolo e Sant’Ubaldo del XII secolo dove sono presenti gli affreschi di Meo da Siena, per la descrizione dei quali ci affidiamo alle parole di noti esperti: «Gli affreschi conservati nella piccola chiesa di San Paolo in Monticelli permettono di entrare nel clima pittorico umbro del primo Trecento, da non molto tempo rivalutato, in cui gli influssi delle presenze senesi a Perugia, lungi dall’essere considerate ormai come ‘colonizzatrici’, assorbono invece i modi più originali della pittura locale.

Ad uno di questi artisti, e in particolare a Meo da Siena (attivo 1310-1315/1333 ca.), e forse a dei collaboratori, sono stati attribuiti di recente i dipinti di Monticelli che, se pur in non buono stato di conservazione, sono ancora leggibili in una Crocifissione, in alcune figure di Santi e nella Madonna col Bambino tra San Paolo e San Pietro(?). È probabile che vi fosse raffigurato anche San Costanzo, come sembrerebbe documentare una visita pastorale del 1763: “… hanc traditionem vetustis quibusdam Sanctorum Imaginibus in parietis d e p i c t i s , inter quas S. Constantii quoque Imago, non semel iterate, cernitur.” Ascrivibili al primo periodo di Meo, e cioè 1310-1320 circa, gli affreschi e in particolare La Madonna con Bambino e Santi portano ancora evidenti elementi senesi, fusi soltanto con matrici giottesche assisiati, come già nella tavola con la Madonna con Bambino proveniente da Santa Maria della Misericordia di Perugia, e nel Polittico di Montelabate (firmato), entrambi alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Buon frescante, a quanto stanno a dimostrare nella tecnica anche questi dipinti di Monticelli, Meo non fu mai pittore notevole, ma “ripetitore garbato” e “scarso di idee”, più che fondamentale portatore dell’influsso senese come fu inteso da quasi tutta la critica precedente al Longhi.

Molto attivo, sia a Perugia che nell’immediata periferia, acquisì invece nella seconda fase della sua produzione l’influenza dei nuovi modi umbri nei loro caratteri più immediati, come ad esempio nella tavola con la Madonna col Bambino e Santi , oggi a Francoforte». All’interno della chiesina è presente altresì una tela del ‘600 raffigurante “S. Ubaldo scaccia l’indemoniato” di autore ignoto e un Celetto baldacchino di legno per visite papali del sec. XVIII. Grazie al coinvolgimento e alla cooperazione di diversi soggetti pubblici e privati, la chiesa, gli affreschi, la tela e il celetto sono stati di recente oggetto di uno splendido restauro, che permette ora di comprendere la chiesina e il suo apparato decorativo tra le maggiori bellezze del nostro patrimonio storico, artistico e culturale. A poca distanza da Monticelli, dopo aver superato il torrente Caina, in una posizione per certi versi simile a quella del borgo appena lasciato, sopra una collinetta che controlla la valle del Nestore e del Caina, si erge l’operosa frazione di Castiglione della Valle, crocevia delle strade provenienti dal lago, da Perugia e dal marscianese; strade che collegano, oggi come un tempo, tutta la zona con vie di comunicazione più importanti, come la Pievaiola e l’Orvietana.

Il borgo antico, che ci invia sue notizie fin dal XII secolo, periodo in cui venne costruita la chiesa di San Giovanni Battista, e che vide anch’esso ai primi del quattrocento le scorribande di Braccio Fortebraccio, dopo il restauro da poco avvenuto per volontà dell’Amministrazione Comunale, sembra rievocare quei periodi tumultuosi e pieni di splendore. I resti del passato sono molteplici, come testimoniano in primis l’impianto circolare del castello, con le sue torri, le sue vecchie mura e la torre campanaria, o gli importanti affreschi gelosamente custoditi dentro la chiesa del XV secolo di Santa Maria del Fosso, appena fuori le mura: un “Cristo crocifisso con la Vergine e la Maddalena”, dipinto a cavallo tra ‘400 e ‘500 da un ignoto pittore locale legato ai modi di Tiberio d’Assisi e posto dietro l’altare maggiore, e una “Madonna dei Miracoli” del 1531 proveniente dalla scuola di Benedetto Bonfigli situata sulla parete sinistra della chiesa; oppure ancora un “Redentore in Croce” del ‘500 e un ex-voto del 1554, entrambi di ignoti, ospitati nella quattrocentesca cappella del Crocifisso, nelle immediate vicinanze del paese. Dalla piazza principale di Castiglione della Valle, ci si affaccia sulla valle del Nestore e un senso di pace e prosperità si impossessa lentamente di noi; qui, sulla piazza, si erge la Chiesa di San Giovanni Battista, ricostruita sulla precedente nel 1892 ad opera dell’Arch.Nazareno Biscarini, che ha adoperato per la facciata un falso antico, con un bel portone di legno e un arco a tutto sesto.

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