La Valle del Fersenone

itinerario storico artistico

Visita guidata
Luogo di interesse Fotografia

Dal centro di Marsciano, nella centralissima via Umberto I, prendiamo via della Madonnuccia e intraprendiamo il percorso che ci porterà alla scoperta del territorio. Dopo poche centinaia di metri ci troviamo già immersi nella fertile campagna marscianese, solcata dal tratto finale del torrente Fersenone, che proprio in questi pressi si getta nel Nestore, dopo aver ricevuto le acque del Calvana. Il Fersenone è forse oggi uno degli ultimi corsi d’acqua non inquinati in cui è ancora possibile fare il bagno; il suo percorso, che segna per lunghi tratti il confine tra il Comune di Marsciano e quello di San Venanzo e quindi tra la provincia di Terni e quella di Perugia, è stato il filo conduttore che ha legato i castelli posseduti dai Bulgarelli Conti di Marsciano. Dopo aver visto Villa La Monalda, un palazzo nobiliare nato nel XIV secolo come convento di frati e divenuto residenza signorile alla fine del XVII secolo con i Monaldi, continuiamo il nostro percorso lungo la comunale per approdare al borgo di Morcella. Superiamo due volte il Fersenone e dopo alcune centinaia di metri giungiamo ad un incrocio: qui andiamo a destra per Morcella. Il borgo, ancora intatto nell’impianto geometrico e nella sua antica struttura, si presenta come una veranda sul Nestore e la sua pianura. Non appena superato il ponte sul Nestore troviamo subito sulla sinistra una piccola chiesa detta della “Madonna del Ponte”, costruita nel 1914 su disegno e per volontà dell’allora priore Don Adolfo Balucani sul luogo dove esisteva la precedente del 1610. Continuando ancora verso il paese e proprio sotto ad esso, l’imponente struttura di un antico mulino si manifesta davanti ai nostri occhi; è questo forse il più antico mulino fra quelli ancora esistenti nel territorio comunale, i cui vari elementi, in particolare la configurazione esterna, posseggono uno spiccato stile quattrocentesco. Finalmente saliamo verso il paese; una splendida porta ci permette l’accesso a questo antico e pacato borgo, dalle vie e dalle case caratteristiche con archi in pietra e in laterizio.

Addentrandoci per le vie medievali scopriamo la Chiesa Parrocchiale di San Silvestro, un grande edificio in pietra citato già nel 1027 da Corrado il Salico che lo conferma come dipendente dal monastero di Perugia; all’interno della chiesa un quadro del 1780 del pittore perugino Cristoforo Gasperi, un organo del XVIII secolo costruito da Gregorio Casci di Todi e un piccolo confessionale ad intagli tutto in noce del 1790 opera di Carlo Lupattelli di Castello delle Forme, contribuiscono a rendere ancora più bella questa vecchia chiesa che rappresenta un po’ il simbolo di Morcella. Lasciamo ora la quiete e la pace del borgo e facendo la strada a ritroso ritorniamo al bivio: la svolta a destra ci porterà verso le nostre zone più belle. La strada infatti inizia a salire e dopo due tornanti i magnifici scenari del nostro territorio si aprono innanzi a noi. Proprio di fronte al bivio per Poggio Aquilone troviamo la suggestiva Chiesa di Santa Croce, una piccola chiesa romanica della metà del XII secolo chiamata anticamente “ecclesia sancti martirii de cruce”, soggetta anch’essa al monastero di San Pietro, cui corrispondeva nel 1387 un canone di sei corbe di grano. Proseguendo ancora per la comunale, dopo circa due km., ci troviamo immersi in un viale denso di tigli, dalle cui fronde non filtra un raggio di sole, donando refrigerio a coloro che fanno escursioni durante la calda stagione. 

È qui che sorge la villa di San Fortunato in Sigillo. Sul luogo ove un tempo esisteva una casa religiosa dei gesuiti, sorge ora una splendida villa padronale in pietra e mattoni con inciso in un architrave l’anno di costruzione: 1706. Pochi metri al di sotto della villa un altro fabbricato cattura l’attenzione del visitatore. La struttura architettonica potrebbe far pensare ad una chiesa; si tratta invece di una grande cantina, il cosiddetto Cantinone di San Fortunato. L’edificio, che presenta all’esterno una struttura in muratura con elementi in cotto e in pietra, è a tre piani; il pianterreno che fungeva da cantina e che custodisce al suo interno numerose botti aventi date tra il 1845 e il 1885, ha il pavimento in cotto e il soffitto a volta anch’esso in cotto; il secondo piano al quale si accede internamente mediante una scalinata in legno, presenta anch’esso un pavimento in cotto e un soffitto a volta (quest’ultimo però ricoperto, come le pareti laterali, da un intonaco colore rosa) e fungeva da deposito del grano; il piano superiore aveva la funzione di magazzino generale dove veniva conservato tutto ciò che la tenuta produceva. Accanto al Cantinone sorge una vecchia fornace del XIX secolo dalla quale sono usciti i mattoni utilizzati per costruire le case intorno alla villa. La fornace è stata di recente interamente restaurata ed è una tappa fondamentale dell’itinerario del Museo dinamico del Laterizio e delle Terrecotte. Lasciandoci ora alle spalle la villa di San Fortunato e proseguendo per la strada comunale, quello che si apre agli occhi del visitatore è uno scenario da favola; il paesaggio, che sembra incantato in un miscuglio tra storia, arte e natura che non ha eguali, propone ricche e fertili vallate e dolci colline alle sommità delle quali si possono ammirare i borghi medievali del nostro comune. In particolare tre gioielli incastonati su altrettante sommità sorgono subito all’attenzione.

Si tratta di tre castelli che appaiono perfettamente allineati e che si affacciano su una strada che in tempi remoti fu un asse viario di primaria importanza: l’antica via Orvietana. Andiamo ora a scoprire il primo gioiello medievale e cioè il castello di Migliano. La strada sale dolcemente verso il vecchio castello che segna, e segnava anticamente, la fine del territorio perugino; proprio qui il torrente Fersenone ha scavato una profonda gola da cui si innalzano pareti e crinali ripidi e boscosi. I reperti di frecce e punte acuminate ritrovate nel fondo del fiume e conservati presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, testimoniano la presenza di insediamenti umani nella zona fin dalla preistoria. Migliano è costituita da due piccole alture: su una sorge l’antico castello mentre sull’altra domina la chiesa e la scuola. Il paesaggio dalle due sommità è fantastico; a ovest oltre il Fersenone si possono ammirare le boscose colline del territorio di San Venanzo: a est si scorge quasi per intero il territorio del comune di Marsciano con le sue dolci colline, i suoi campi coltivati e i suoi castelli (a proposito di castelli, per chi si cimentasse a guardare il panorama con un binocolo si stupirebbe dell’incredibile allineamento dei castelli di Montelagello e di Monte Vibiano Vecchio) e poco lontano, almeno così sembra, si vede Perugia distesa sui suoi colli.

 Il castello di Migliano fu nominato per la prima volta nel 1131 come possedimento del territorio di Marsciano; successivamente passò sotto la giurisdizione dei Bulgarelli, Conti di Marsciano, che lo tennero fino al 1522 quando ne vendettero un terzo ai Chigi che poi ne divennero totalmente proprietari. Nel 1663 la nobile famiglia perugina dei Monaldi acquistò il castello e i Monaldi assunsero il titolo di Marchesi di Migliano. Ora la proprietà del castello è privata ed è suddivisa fra vari proprietari. Della struttura originaria è rimasto a tutt’oggi il corpo centrale, due archi esterni e una torre cilindrica. La Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta, posta in cima all’altra sommità in maniera speculare rispetto al castello, fu anch’essa costruita nel XII sec. ed è infatti citata nel 1191 nel Codice di Cencio Mamerlengo con l’appellativo di “Massa di Miliano”, una tra le chiese del territorio perugino soggetta alla chiesa romana; dal 1266 la giurisdizione sopra questa chiesa fu esercitata dal monastero di San Pietro di Perugia. Riedificata ex novo tra il 1779 e il 1782, la chiesa si presenta come una struttura semplice in mattoni, con una facciata composta da un bel portone ligneo e una bifora; a fianco della chiesa si trova il campanile. All’interno troviamo delle opere pittoriche di una certa importanza. Nei due altari laterali trovano posto due tele di autore ignoto e di epoca non facilmente decifrabile raffiguranti una Sant’Anna e una San Sebastiano. Sull’altare maggiore invece una pala di scuola perugina ci raffigura la Madonna che regge in braccio Gesù Bambino con San Pietro, Sant’Antonio, San Benedetto e San Cardinale; il quadro, dipinto tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo e restaurato nel 1958 da Arnaldo Mazzerioli di Perugia, fu realizzato su due porte di vecchio legno (nel retro della porta destra c’è l’incavo della serratura) e reca tuttora un’iscrizione nella quale si legge che il discepolo del Perugino autore del dipinto era originario di Casalina. Riscendendo per la strada comunale, ci si accorge di quanto le caratteristiche del paese, un castello denso di storia e un ambiente incontaminato dove vivono e si riproducono numerose specie animali, un esempio quindi di connubio perfetto tra storia e geografia, fossero già note a molte persone che negli ultimi anni hanno creato qui una sorta di villaggio turistico che comprende numerose ville abitate d’estate. Una volta ripresa la comunale scendiamo fino al bivio quindi svoltiamo a sinistra: la via che ci si appresta a percorrere è l’antica via Orvietana. La tranquillità e il silenzio che ci accompagnano mentre si percorre questa strada può farci dimenticare l’importanza che essa rivestì in passato come principale via di collegamento tra Perugia e Orvieto, lungo la quale l’uomo svolgeva frequenti traffici.

Una vecchia fornace situata all’altezza del doppio bivio per Compignano e per Montelagello sembra rimembrarci un passato in cui numerose erano le attività compiute dall’uomo lungo la via Orvietana. Questa fornace del XVIII sec. è di proprietà privata, ma è stata di recente ceduta in comodato d’uso gratuito al Comune che ha provveduto alla ristrutturazione; l’itinerario del Museo dinamico del Laterizio e delle Terrecotte si è così ulteriormente arricchito dell’antica fornace di Compignano. Ed è proprio a Compignano che ci dirigiamo, uscendo sulla destra dalla via Orvietana all’altezza della vecchia fornace. La strada scende leggermente tortuosa verso la stretta pianura del Nestore; appena superato il ponte sul fiume si ricomincia a salire e dopo alcuni tornanti giungiamo al borgo medievale di Compignano. Il paese ha mantenuto intatta la sua vecchia struttura; dalla porta di accesso che si apre su piazza della Vittoria si accede al piccolo borgo. Sopra la porta si erge una torre in pietra che, costruita nel XIII secolo e ricostruita nella prima metà del XVI, è l’unica che resta delle altre cinque torri che caratterizzavano il castello di Compignano. Sui resti di una di queste torri, nei pressi della porta di accesso, è stato costruito nel 1925 il campanile del paese.

 Addentrandoci per il borgo tramite la via che sale dalla porta di accesso si giunge innanzi ad una splendida opera architettonica, simbolo della storia del paese: il palazzo nobiliare del ‘600, appartenuto in passato alla nobile famiglia dei Monaldi, costruito tra il 1637 e il 1639 su progetto di Galeazzo Alessi, fu fortemente voluto dal cardinale orvietano Antonio Monaldi il quale, divenuto legato pontificio presso Perugia, lo fece costruire sostituendo un precedente edificio di peculiari caratteristiche militari, un mastio che era parte integrante della struttura duecentesca del borgo. Di fronte a Palazzo Monaldi-Corneli è situata la Chiesa Parrocchiale di San Cristoforo; la Chiesa, costruita nel 1266, ristrutturata alla fine del settecento e ricostruita di nuovo nel 1905, custodisce al suo interno un dipinto su tela del XVII sec. rappresentante San Cristoforo, purtroppo oggi molto rovinato a causa dell’umidità, mentre su una nicchia situata sopra l’ingresso della parte sinistra della Chiesa si trova una statua lignea della Madonna con Bambino. Proseguendo per le vie del paese ci immergiamo in una quiete e una tranquillità irreali, forse fuori tempo per la nostra civiltà frenetica e rumorosa, ma sicuramente condizioni ideali per chi è alla ricerca di oasi di pace. Da Palazzo Monaldi-Corneli ci dirigiamo verso sinistra. In fondo all’altra via principale di Compignano, perpendicolare alla via che sale dalla porta di accesso, si trova la Chiesa della Madonna del Crocifisso, una piccola chiesa a mattoni in cotto costruita alla fine del XVI secolo e restaurata nel 1966; cappella privata dei Monaldi alla metà del XVII secolo, appartenne poi agli Ottaviani che ne mantennero il possesso fino agli anni ‘30 del ‘900 quando fu ceduta alla comunità compignanese. Questa piccola chiesa è molto importante in quanto rappresenta una ulteriore testimonianza del passaggio del Dottori nel nostro territorio; all’interno essa custodisce infatti degli affreschi compiuti dal grande pittore perugino tra il 1921 e il 1922. Gerardo Dottori affrescò la chiesa sia sulle pareti che sulle volte, ma nel 1966, a causa della forte umidità che aveva rovinato gli affreschi, si rese necessario un restauro e furono così coperte di intonaco bianco buona parte delle opere dell’artista. Si possono ammirare oggi solo due originali, una scena della vita di Gesù e precisamente “Gesù che parla alla folla” sulla parete di destra all’altezza dell’altare e due Angeli di grandi dimensioni, posti sopra, la porta d’ingresso, dipinti con colori molto tenui. L’affresco sulla parete di sinistra rappresentava Gesù che cacciava i mercanti dal tempio, ma dopo il restauro del 1966, questa scena è stata modificata dal restauratore Cascianelli e dell’originale si può ammirare molto poco. Contiguo alla chiesa vi è un cortile e un edificio costruiti entrambi nello stesso periodo della chiesa. Il cortile, al quale vi si accede tramite un portone ligneo posto a fianco della chiesa, nasconde al suo interno un pozzo della fine del XVI secolo oggi chiuso e su una parete recentemente ricostruita è stata rimessa una lapide di marmo del 1584 che riporta il testamento del sacerdote Baldus Baldocius in cui si afferma di lasciare i beni della Chiesa del Crocifisso alla sua famiglia; l’edificio invece oggi ospita la piccola biblioteca del paese. Ma Compignano da poco tempo si è ulteriormente arricchita da un punto di vista storico e culturale. L’8 dicembre 2002 è stata aperta la prima antenna museale del Museo dinamico del Laterizio e delle Terrecotte; una realtà espositiva di piccole dimensioni che ospita al suo interno un laboratorio dove riscoprire la manualità e la gestualità, in una parola l’arte della lavorazione delle terrecotte. Lasciamo ora Compignano riprendendo la via che ivi ci ha portati, e ritorniamo al bivio sull’antica orvietana.

Ammirata di nuovo la vecchia fornace attraversiamo la strada e ci dirigiamo verso Montelagello, il secondo gioiello della serie dei castelli medievali che si affacciano sull’orvietana. Dopo essere giunti sul fondo della piccola valle del torrente Rigo, la biancheggiante strada sale a gomiti e a giravolte fino al castello. Quello che fino a pochi anni fa era un borgo abbandonato, ora è uno splendido castello medievale perfettamente restaurato, sul quale vi è stato posto il vincolo della Soprintendenza dell’Umbria e la società che è diventata proprietaria affitta gli appartamenti situati all’interno. Montelagello, posto sulla sommità di una collina di 416 metri, ci invia sue notizie fin dal 1027, quando viene nominato con il nome di “de agilione” in un diploma imperiale di Corrado II; il suo nome è altresì legato al fatto di essere, nella tradizione popolare, considerato come il paese natale di Pietro Vincioli, il fondatore e riformatore del Monastero di San Pietro di Perugia. Il piccolo borgo, indicato ancora nel 1380 come villa e fortificato sicuramente nell’ultimo decennio del secolo XIV, ospita al suo interno una chiesa anch’essa interamente restaurata: si tratta della chiesa parrocchiale di San Pietro poi San Biagio, un edificio in pietra in stile romanico costruito nel 1266. Proprio sotto il castello incontriamo la Chiesa di Santa Maria della Neve, costruita nel 1452 e restaurata successivamente nel 1492, come testimonia un mattone posto sulla facciata, e nel 1885.

La chiesa di Santa Maria della Neve custodiva al suo interno un pregevole affresco della fine del XV secolo attribuibile al Pinturicchio, La Madonna in trono col Bambino e Angeli, San Silvestro e San Rocco; mirabile esempio della scuola pittorica perugina, l’affresco dopo alcune vicende di carattere giudiziario, potrà essere di nuovo ammirato all’interno della sede regionale del Museo dinamico del Laterizio e delle Terrecotte, in Palazzo Pietromarchi a Marsciano. Da questo luogo, che fu in passato un castello di frontiera del territorio perugino, si possono scorgere i paesaggi suggestivi dei territori perugino e marscianese, ciascuno con i suoi splendidi castelli, le sue fertili valli e le ricche colline dalla lussureggiante vegetazione. Lasciare Montelagello è impresa ardua, ma il cammino continua e c’è molto altro ancora da scoprire. Scendiamo quindi dal borgo e ritorniamo sull’orvietana, da dove continuiamo in direzione di Mercatello. Dopo un breve tratto pianeggiante, la strada inizia a scendere con alcuni tornanti verso la valle del Nestore, che si apre in tutta la sua bellezza davanti ai nostri occhi e sulla quale si affacciano i più bei borghi del nostro territorio: Monte Vibiano Vecchio, Sant’Apollinare e Spina. Giungiamo perciò a Mercatello; dalla struttura del paese e dal suo nome si deduce che questo luogo era un tempo destinato al mercato, oltre ad essere un sito di passaggio lungo l’orvietana, crocevia da cui partono le diverse strade che raggiungono i castelli vicini: una via che arriva fino a Monte Vibiano e un’altra che approda a Cibottola, che pur trovandosi nel comune di Piegaro rientra negli orizzonti geografici del territorio marscianese. Quella per Cibottola è l’unica strada attualmente praticabile, anche se soltanto a piedi, per raggiungere Monte Verniano, il punto più alto e l’ultimo avamposto del comune dove supposizioni di abitatori preistorici ne fanno un luogo antichissimo.

Tutta questa vasta e suggestiva zona era un tempo patrimonio della antica famiglia di origine etrusca dei Vibi; e lo stemma della famiglia campeggia scolpito sui capitelli in pietra delle colonnine rinascimentali della Casa Hospitium di Baglione da Monte Vibiano, l’antico albergo o loggiato dei Vibi, situato a Mercatello lungo l’antica via orvietana, luogo di accoglienza per i viaggiatori, in particolare pellegrini, che qui transitavano. Di fronte al loggiato parte la strada che ci conduce a Cibottola; lungo questa via troviamo un grandioso palazzo in pietra costruito da Vincenzo Sereni nel 1807, che conta quattro piani lungo la strada e cinque nella parte del cortile per un totale di 56 stanze. Il magnifico palazzo,simbolo dell’ascesa economica e sociale della borghese famiglia Sereni, è posto sotto il vincolo dalla Soprintendenza ai beni culturali dell’Umbria. Anche l’altra strada ha inizio nelle vicinanze dell’antico albergo dei Vibi e si inerpica su per il crinale della collina. Dopo appena due tornanti incontriamo la Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo, un edificio costruito nel 1934 accanto alla più antica che risale al XIII secolo e che attualmente è adibita a residenza.

La chiesa, che fu costruita su progetto dell’architetto Ugo Tarchi, è interamente in pietra con un portico all’ingresso e un magnifico portone ligneo; all’interno si può ammirare un pregevole affresco del XVI secolo del pittore Michelangelo di Matteo, la “Madonna della Misericordia”, un dipinto che raffigura la Madonna della Misericordia, con due angeli alle spalle, che apre il mantello e accoglie la moltitudine di fedeli che pregano dinanzi a lei e una pala d’altare del 1934 della pittrice Baldracchini, commissionata dagli abitanti di Mercatello per abbellire la chiesa appena costruita, rappresentante la Madonna col Bambino al centro e i santi Michele a sinistra e Gabriele a destra. Salendo ancora si incontra il castello di Monte Vibiano Nuovo, costruito nel 1394 per ordine dei magistrati perugini dopo la distruzione di Monte Vibiano Vecchio, caratterizzato dalla presenza al suo interno di Palazzo Della Penna, un’imponente struttura del XIV secolo già appartenuta ai Vibi, con una torre circolare ed elementi architettonici in laterizio di stile Quattrocentesco; praticamente annessa alla residenza c’è una piccola cappella gentilizia del XVI secolo intitolata a Sant’Andrea.

Riprendiamo la tortuosa strada per Monte Vibiano Vecchio uscendo dalla porta del castello di Monte Vibiano Nuovo; probabilmente l’occhio attento intuisce che ci stiamo dirigendo verso uno dei luoghi più incantevoli del nostro territorio e lo capisce dal paesaggio quasi fiabesco, fatto di selve e di castelli medievali, che si scorge tutto d’intorno. Arriviamo quindi al Castello di Monte Vibiano Vecchio, un complesso di edifici, tra cui Palazzo Fasola Bologna, della metà del XIII secolo ai quali si accede da una sola porta d’ingresso con arco in pietra a tutto sesto, fatto costruire dai Vibi che lo vollero come caposaldo militare. Dopo essere passato ai Rossi-Leoni di Perugia, che lo tennero fino al 1794, e ai conti Cesarei di Perugia, che ne furono i padroni fino al 1892, da allora ne divennero proprietari i Sereni. L’attuale aspetto del Castello porta la firma dell’architetto Ugo Tarchi e la supervisione di Antonio Sereni, allora proprietario, che tra il 1915 e il 1940 attesero alla realizzazione dell’opera di restauro; sia il giardino, organizzato a labirinto con siepi da basso, che la piscina, creata nel 1935, sono delle ulteriori perle che il buon gusto di questi signori permise di aggiungere a questo luogo incantato.

Un luogo la cui esistenza rende veramente più interessante e più bello il mondo che ci circonda. Partire da qui significa ritornare con i piedi per terra dopo aver a lungo sognato. Usciamo allora dalla porta del castello, riprendiamo la via che ci riporta a Mercatello e giungiamo di nuovo di fronte all’antico albergo dei Vibi con il suo splendido loggiato; da qui stavolta ci dirigiamo in direzione di Spina attraversando il Piano del Nestore. Dopo aver superato il ponte e proprio nei pressi del fiume, un antico mulino, oggi piuttosto in rovina, cattura la nostra attenzione; si tratta di una struttura dagli elementi architettonici autentici che ha funzionato fino al 1945 circa con tre macine, due a grano e una a cereali.

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